16.9.09

ECONOMIA

Seduta positiva anche in Asia, solo Shanghai in lieve calo per realizzi

Borse ancora in rialzo
sull'"effetto Bernanke"

Dopo il nuovo discorso ottimistico del presidente della Fed i mercati europei iniziano il pomeriggio con guadagni superiori al punto percentuale

Borse ancora in rialzo sull'"effetto Bernanke"

ROMA - Partenza positiva per le Borse europee, sulla scia dei guadagni registrati ieri a Wall Street e in Asia stamane, ad eccezione di Shangai vittima di realizzi.

Sulle prime rilevazioni, Milano sale dello 0,65%, Francoforte dello 0,42%, Parigi dello 0,50, Amsterdam dell'1,03, Bruxelles dello 0,77, Londra dello 0,63 e Madrid dello 0,68.

Guadagni fra l'1 e quasi il 2% per piazze asiatiche, poco meno l'India (0,71), mentre Sydney ha fatto un balzo di 2,42%. Unica eccezione Shanghai che ha perso lo 0,77. Bene anche il Giappone con lo 0,52%: i guadagni di Tokyo hanno tuttavia frenato sul finale, sulla cautela degli investitori per il nuovo governo che verrà presentato dal primo ministro Yukio Hatoyama, che assumerà oggi l'incarico.

L'ottimismo sulle prospettive di rilancio dell'economia globale è stato scaturito anche dalle parole ieri del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, secondo il quale, un anno dopo il fallimento di Lehman Brothers, la recessione è probabilmente finita. Questo ha fatto chiudere a Wall Street in positivo una giornata in cui la Borsa americana era apparsa assai poco reattiva a vari dati favorevoli sull'economia Usa.

Sul mercato valutario riprende la salita dell'euro, che arriva a sfiorare la soglia degli 1,47 dollari e segna così il nuovo top per il 2009. Tra le commodities, il petrolio resta forte in prossimità dei 71 dollari mentre l'oro vola su nuovi massimi dell'anno.

Superano il punto percentuale di guadagno i mercati europei all'inizio del pomeriggio, confortati anche dai future Usa in rialzo. Meglio di tutti va Bruxelles con l'1,8%, seguita da Londra con quasi l'1,5. Piazza Affari ha superato l'1,2 e nel paniere delle blue chip il miglior titolo è Tenaris con un guadagno di oltre il 4,5%, seguita da Buzzi e Impregilo con il 3,5.
(16 settembre 2009)

13.9.09

Oltre la crisi? Cinque spie della nuova fiducia

Dal commercio internazionale a Wall Street. E anche la cassa integrazione rallenta

MILANO — Fosse solo per il miglioramento della produzio ne industriale italiana sarebbe presto per osare parlare di se gnali di speranza, sprazzi se non di bel tempo stabile alme no di giornate migliori all’oriz zonte nel barometro dell’econo mia. Eppure, verrebbe da dire a un anno dal crac Lehman. In una doppietta che non ci riusci va da tempo fuori dalle vasche e dalle medaglie tricolore della Pellegrini ieri è arrivato anche il superindice Ocse di luglio a certificare per l’Italia il miglior balzo all’interno dell’area (+2,7% su mese e +8% su anno per l’Italia contro un +1,5% su mese e 1,9 su anno per tutti i Paesi Ocse). Poi c’è il segnale — delicatissimo, certo, da pren dere con le pinze a maggior ra gione prima di un autunno cal do — della cassa integrazione che in agosto, dati Inps, è cala ta del 40,6% rispetto al luglio. Anche se sarebbe un errore di menticare che l’uso dell’am­mortizzatore sociale rispetto a un anno prima rimane impres sionante (+ 526,5%).

Uscendo dai confini naziona li i segnali continuano. Sembra un percorso per chi è in cerca di numeri fiduciosi: lo sapeva te che le navi che trasportano sulle rotte mondiali del com mercio abiti, meccanica, tecno logia, giocattoli e container pie ni di merce sono tornate a viag giare ai livelli del 2006 (Baltic Dry Index)? O che l’indice Dow Jones di Wall Street negli ulti mi sei mesi è salito del 38,4% facendo guadagnare chi ha avu to il fegato di puntare?

C’è anche il colosso Cina a proiettare segni di reazione con una produzione industria le che in agosto rispetto all’an no precedente, quindi in una fa se appena pre-Lehman, è salita del 12,3%. Chiaro che non si può e non si deve dimenticare che se quella economia del 2008 era all’apice di una bolla e di un baratro, ora questi nume ri sono anche il risultato del «doping» degli aiuti statali. Non si tratta di costruirsi ad hoc un iter ottimistico che po trebbe addirittura risultare ne gativo. O di credere, meno che mai, al potere taumaturgico dei numeri. Se non altro la crisi ha insegnato questo. Anche perché sarebbe esercizio fin troppo facile cercare altri indici di segno opposto. Si tratta di provare a interrogarsi sui giu sti contrappesi da usare per da re un quadro equilibrato. Il paradigma di tutto questo sembra essere la Cig: vero che su base annua l’esplosione fa impressione e la situazione ri mane non solo complessa ma anche delicata. Ma è anche ve ro che il conteggio viene fatto sulle ore autorizzate e che quel le effettivamente usate dalle aziende, il cosiddetto tiraggio, è di poco superiore al 60%. Co me dire: gli accordi sono stati fatti con una maglia abbastan za larga, giustificata dall’incer tezza della situazione. E per concludere: negativa è negati va. Ma un tantino meno. Come il movimento dei con tainer: sono ancora vive le im magini e le fotografie dei porti desolati, senza movimento merci, e dei portuali con le braccia incrociate solo pochi mesi fa.

D’altra parte ancora a luglio la contrazione dei traffici tra Asia ed Europa rispetto allo stesso mese del 2008 è stata del 17% secondo i dati dell’asso ciazione europea che riunisce gli operatori dello shipping. Ma rispetto all’inizio dell’anno il miglioramento c'è stato: +33%. Trend confermato anche dall’indice Baltico che misura il movimento delle merci a livel lo mondiale (petrolio e liquidi esclusi) e che in sei mesi, tra al ti e bassi, è salito del 24,6% pur restando molto distante dai pic chi del 2007. Cosa fare di que sti segnali? Pericoloso giunge re a conclusioni. Anche se è sta to lo stesso John Maynard Key nes a occupare un capitolo del la sua opera principale, la «Teo ria generale», per affrontare il tema della fiducia e riflettere sulle maggiori possibilità di far cela per un imprenditore «otti mista » rispetto a un collega «pessimista».

Massimo Sideri
12 settembre 2009

7.9.09


Battaglia di carta a San Francisco

Contributo di Marco Gambaro, pubblicato oggi sulla pagina opinioni del Corriere della Sera

Nonostante la crisi dei quotidiani statunitensi venga letta soprattutto in relazione alla disponibilità gratuita delle notizie su Internet e allo sviluppo della rete come mezzo pubblicitario, molte battaglie si giocano ancora sui terreni tradizionali. Sia Wall Street Journal che New York Times hanno annunciato di voler aprire delle edizioni locali nella regione di San Francisco dove il Chronicle, che nel 2008 ha perso 50 milioni di dollari, è candidato alla vendita o alla chiusura e intanto ha ridotto la copertura redazionale.

Se effettivamente chiudesse la Baia resterebbe senza quotidiani a pagamento visto che l'Examiner è passato qualche tempo fa alla distribuzione gratuita. La Baia rappresenta l'area fuori dalla città di origine dove sia il Journal che il Nyt vendono il maggior numero di copie, rispettivamente 98 mila e 49 mila giornaliere. Con l'aggiunta di un po' di pagine locali potrebbero intercettare lettori e inserzionisti pubblicitari, sfruttando le economie di scala della loro edizione nazionale per la quale i costi fissi sono già spesati.

La notizia va inquadrata nell'organizzazione del mercato dei quotidiani Usa che è fortemente radicato nella dimensione locale e dove i quotidiani nazionali sono una rarità. Dopo un lungo percorso di consolidamento sono rimasti circa 1.400 quotidiani che nella quasi totalità sono monopolisti nella città di edizione. Solo le grandi metropoli hanno più di una testata e a differenza del mercato italiano ed europeo quasi nessun giornale cerca lettori e raccoglie pubblicità fuori dalla sua città.

Del resto i quotidiani hanno abbandonato da tempo l'idea di competere per la pubblicità nazionale, che viene intercettata soprattutto da televisione e periodici, mentre si concentrano su quella locale che rappresenta oltre l'80% della loro raccolta. Il calo dei lettori e della pubblicità mette in crisi le testate più deboli e chi ha le spalle più larghe cerca di sfruttare i propri punti di forza, in questo caso il marchio e le grandi redazioni nazionali, anche modificando il modo tradizionale di fare i giornali. La Baia potrebbe costituire il laboratorio di una riorganizzazione dell'industria dei quotidiani.

Marco Gambaro

4.9.09

TRA I RISCHI IL RITIRO PREMATURO DEI PIANI DI STIMOLO E LE TENSIONI NEL SETTORE FINANZIARIO

Fmi: ripresa lenta, d'accordo sulle stime

Il direttore generale Strauss-Kahn: la disoccupazione aumenterà anche nel 2010. In Usa ai massimi dal 1983

NEW YORK - La curva è a U e non a V. Cioè la ripresa economica mondiale c'è, ma è lenta e non ci sarà un rimbalzo immediato, dopo l'Ocse, e il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, anche il Fondo monetario internazionale (Fmi) è d'accordo sulla lentezza della ripresa. «L'economia globale sembra emergere dalla peggiore crisi economica dei nostri tempi. La ripresa, comunque, sarà relativamente lenta», ha affermato il direttore generale dell'Fmi, Dominique Strauss-Kahn. I rischi che gravano sulla ripresa economica, che sarà «fragile», stanno diminuendo. Fra i rischi menzionati da Strauss-Kahn figurano la disoccupazione, che continuerà ad aumentare fino al prossimo anno, il ritiro «prematuro» dei piani di stimolo e le persistenti tensioni nel settore finanziario. Strauss-Kahn ha quindi esortato i governi ad attuare le riforme normative necessarie, evitando di tirare il freno sulla scia del miglioramento dei mercati finanziari. «Gli sforzi riformatori non stanno procedendo con la velocità necessaria per affrontare i problemi sorti dalla crisi» ha detto.

DISOCCUPAZIONE - In linea con il timore di Strauss-Kahn sulla disoccupazione, il dato sui senza lavoro negli Stati Uniti in agosto è salito al 9,7%, contro il 9,5% previsto dagli analisti, il livello più alto dal giugno 1983. A luglio la disoccupazione in Usa era stata del 9,4%. Il numero di disoccupati è aumentato quindi di 466 mila unità a 14,9 milioni di persone.


04 settembre 2009

ECONOMIA

Tokyo registra due nuovi record negativi, l'aumento del tasso di disoccupazione
e il calo dell'inflazione.

Economia giapponese a pezzi
mai così male dalla II Guerra

I senza lavoro a luglio saliti di 1,03 milioni. In totale sono 3,59 milioni. Deflazione -2,2%

TOKYO - Brutti segnali per l'economia giapponese che registra due record negativi in contemporanea, l'aumento del tasso di disoccupazione e il calo dell'inflazione. Dati preoccupanti che non rappresentano un buon viatico per il premier Taro Aso a due giorni dalle elezioni legislative.

Disoccupazione. Il tasso di disoccupazione in Giappone è salito del 5,7% a luglio, sorpassando il precedente massimo storico del 5,5% dell'aprile 2003. A giugno la disoccupazione si era attestata al 5,4%. E' il dato peggiore dalla Seconda guerra mondiale. Il numero di disoccupati sale di 1,03 milioni a luglio, portando il totale a 3,59 milioni di unità. E' il nono mese consecutivo che la disoccupazione cresce in Giappone. L'indebolimento del mercato del lavoro incide anche sulla spesa delle famiglie che a luglio arretra del 2%, dopo il +0,2% di giugno.

Gli economisti in media si aspettavano un tasso che potesse eguagliare il precedente record del 5,5%, ma il numero dei disoccupati è salito di ben 1,03 milioni di unità (+40,2%) rispetto all'anno precedente, a quota 3,59 milioni, per una riduzione della forza lavoro dello 0,5%, a 66,28 milioni di persone. In calo da 43 di giugno a 42 di luglio (12 mesi fa erano a 89) i posti di lavoro disponibili ogni 100 persone in cerca di occupazione: un nuovo minimo storico, in base al consueto rapporto del ministero del Lavoro, aggiornato per il terzo mese di fila.

Inflazione. A luglio i prezzi al consumo core, quelli con l'esclusione dei cibi freschi (frutta, verdura e pesce), arretrano del 2,2% annuale, la discesa più forte da quando è iniziata la serie statistica. I prezzi al consumo con l'esclusione dei beni alimentari e del petrolio scendono dell'0,9% annuale, il massimo dal luglio 2002 e i prezzo al consumo core a Tokyo ad agosto arretrano dell'1,9%.

Toyota. Cattive notizie anche dall'auto. La produzione mondiale di Toyota nel primo semestre del 2009 segna, includendo i marchi Daihatsu e Hino, un crollo del 37,8% su base annua, a 3,61 milioni di pezzi. Lo si legge in una nota del colosso automobilistico di Nagoya, secondo cui soltanto in Giappone gli impianti del gruppo hanno costruito veicoli per 1,79 milioni di unità, il 41,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. La componente estera, invece, si attesta a 1,81 milioni di veicoli (-33,5%).

Borsa. Nonostante le cattive notizie la borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo. Il Nikkei ha segnato un guadagno dello 0,57%, mostrando un incremento del 2,89% in una settimana e del 18,90% da inizio anno. Il Topix è salito dello 0,53% a 969,31 punti.

(28 agosto 2009)