30.12.09

CULTURA
Emozione Boltanski
di Fabio Gambaro
Due importanti mostre a Parigi nel 2010. Il grande artista racconta il suo mondo di memoria e oblio
Colloquio con Christian Boltanski


Christian Boltanski Invecchiando un artista si mette ad assomigliare alle sue opere. Che poi è un modo per proteggersi, perché è più facile essere un'opera che un essere umano... A 66 anni, Christian Boltanski non rinuncia a sovrapporre arte e vita, spiazzando l'interlocutore, come fa spesso con le sue emozionanti installazioni, capaci di sorprendere e trasformare radicalmente lo spazio artistico. Francese, uno dei maggiori artisti viventi, le sue opere sono un invito alla meditazione, a gennaio Boltanski sarà al centro della scena artistica, con due eventi. Dopo Anselm Kiefer e Richard Serra, sarà lui il terzo artista invitato dalla rassegna 'Monumenta' a confrontarsi con i 13.500 metri quadri del Gran Palais, dove, dal 13 gennaio al 22 febbraio, proporrà una spettacolare istallazione intitolata 'Personnes', incentrata sul tema della casualità ineluttabile della morte. Contemporaneamente, al museo Mac/Val, dal 15 gennaio al 28 marzo, presenterà 'Après', una stupefacente città fantasma nella quale i visitatori saranno invitati a inoltrarsi nelle tenebre dell'alidilà. Boltanski ce ne parla nel suo atelier alla periferia di Parigi, uno spazio spoglio dove lavora in solitudine, senza assistenti, lasciando maturare lentamente le sue opere. Negli anni ha sfruttato le soluzioni più diverse, dalla pittura alla fotografia, dal cinema all'assemblaggio di oggetti, dai video alle grandi istallazioni. "Nel mio lavoro lo spazio è un interrogativo da risolvere. Mi interessa costruire percorsi, dove l'osservatore non sia davanti all'opera d'arte, ma dentro l'opera, sprofondato in un universo in grado di sollecitare tutti i suoi sensi", spiega Boltanski, che per l'anno prossimo sta anche preparando un libro insieme a Daniel Mendelshon, l'autore degli 'Scomparsi' (Neri Pozza). "L'istallazione al Grand Palais sarà come un'opera lirica, in cui l'architettura avrà il ruolo che tradizionalmente è della musica. Al centro ci sarà una grande gru, il cui braccio si muoverà sopra una montagna di vestiti. Al Mac /Val invece allestirò un labirinto: i visitatori si perderanno e saranno sollecitati, anche corporalmente. Le due istallazioni sono come due gironi danteschi. 'Personnes' è l'ingresso nell'aldilà, la fabbrica della morte dominata dalla casualità, 'Après' rappresenta invece il limbo. Sarà popolato di manichini che interrogheranno i visitatori sul passaggio dalla vita alla morte".


Il tema della morte la ossessiona.
"Quando ero più giovane, lavoravo sulla morte degli altri. Invecchiando m'interesso alla mia futura scomparsa".

È per questo che ha venduto la registrazione della sua vita a un collezionista in Tasmania?
"È una scommessa con il diavolo. Il collezionista è uno scommettitore. E io invece di vendergli un'opera, ho preferito scommettere con lui sulla mia speranza di vita. Da gennaio, una telecamera filmerà 24 ore su 24 tutto quello che accade nel mio atelier, fino al mio ultimo giorno di vita. Tutto il materiale registrato sarà di proprietà del collezionista, che lo potrà utilizzare dopo la mia scomparsa. La registrazione della mia vita artistica sarà la mia ultima opera. È come se gliene vendessi la nuda proprietà, contro un vitalizio mensile. Visto il prezzo complessivo che abbiamo stimato, se muoio prima di otto anni, il collezionista ci guadagnerà. Se invece vivo più a lungo, il guadagno sarà mio. Lui è sicuro di vincere. Vedremo. E poi, tutta la mia vita artistica è stata una battaglia contro l'oblio, benché sapessi quanto questo tentativo fosse vano. Nasce da qui la mia riflessione sulla memoria, cui ho dedicato molte opere. Ad esempio l'istallazione per il Museo per la memoria di Ustica, dove, più che ricordare il passato delle vittime, ho cercato di conservare la memoria del loro futuro spezzato".

Confrontarsi con la memoria storica è più difficile che lavorare sulla memoria privata?
"Sono nato nel 1944, mio padre era ebreo e durante tutta l'infanzia e l'adolescenza ho sempre sentito parlare della Shoah. Avevamo l'impressione di essere dei sopravvissuti. Viene da qui la mia ossessione per i morti, gli scomparsi, l'oblio. Le mie istallazioni sono monumenti a coloro a cui nessuno dedica mai un monumento: le persone comuni. Cerco di conservare la piccola memoria quotidiana di queste persone, fatta di fotografie, oggetti, come le scatole di biscotti. Tutti hanno diritto di essere ricordati".
Nasce da qui l'idea degli 'Archivi del cuore'?
"Per rendere omaggio all'unicità di ciascuno, mi sono messo a registrare il cuore di molti individui. Oggi possiedo le registrazioni di 30 mila battiti cardiaci, e nei prossimi mesi saranno di più. Durante le due mostre di Parigi, spero che molti spettatori accetteranno di lasciarmi registrare il loro ritmo cardiaco. Tutte le registrazioni saranno affidate a una fondazione che si trova in una piccola isola giapponese, dove chiunque potrà andare ad ascoltarle. Tra qualche anno molti di questi battiti cardiaci saranno tutto ciò che resta di persone scomparse. Il viaggio verso l'isola giapponese potrà diventare così una sorta di pellegrinaggio per ascoltare il cuore di una persona cara".

In quale misura un'operazione come questa è un gesto artistico?
"Non m'interessa che un'opera o un'istallazione sia bella o meno. Più che allestire un'esposizione, penso a fabbricare storie concrete, partendo da una realtà visiva e sonora. Il mio gesto artistico è sempre l'inizio di un racconto, di una parabola. Più che all'arte tradizionale, si avvicina a una certa tradizione teatrale, quella di Tadeusz Kantor e Pina Bausch, che sono per me due punti di riferimento fondamentali. Viene dallo spettacolo anche l'idea di un'arte effimera che non si rinchiude nei musei. Le mie istallazioni alla fine vengono distrutte, non possono essere appese a un muro. Mi piacerebbe però che restassero nella testa di chi le ha viste".

Lei è un autodidatta che ha iniziato a dipingere giovanissimo. Oggi nel suo lavoro resta qualcosa di quello spirito iniziale?
"Penso di sì, perché nelle mie opere pongo interrogativi semplici ma essenziali, mi faccio le domande che si fanno tutti. Non ho una grande cultura e ho letto molto poco. Ci sono artisti che lavorano soprattutto sulla vita e artisti che lavorano soprattutto sull'arte. Manet e Monet ne sono i due migliori esempi. Sono due artisti geniali, ma hanno due approcci diversi. Io mi colloco dalla parte di Manet, m'interesso più alla vita che alla riflessione sulle forme. Mi piacerebbe essere un artista popolare, dato che non mi rivolgo solo a coloro che conoscono la storia dell'arte. Per avvicinarsi alle mie opere non c'è bisogno di sapere che sono un artista postconcettuale della fine del Ventesimo secolo. L'arte deve solo trasmettere emozioni e suscitare interrogativi. A tutti, senza distinzioni".

(17 dicembre 2009)

23.12.09

IDEE

Brevettato un computer fatto con materiali che non inquinano.

In Arrivo il PC Biodegradabile


Un computer fatto solo di cellulosa e chip biodegradabili. E' stato soprannominato recycled-paper-laptop ed è un pc che rispetta l'ambiente. Il suo ideatore, Je Sung, Park, ha progettato infatti il laptop applicando i principi delle macchinette fotografiche usa e getta e dei cellulari.
Ha realizzato così un portatile che funziona grazie a componenti bio a ha una scocca di carta riciclata disposta a strati, ognuno dei quali può essere sostituito. Per ora è solo un progetto, ma presto sarà commercializzato. Un'alternativa green, ma adatta ovviamente solo a chi usa il notebook occasionalmente e non pretende prestazioni elevate.
(c.d.i)

21.12.09

Ponte sullo Stretto, il grande spot. L'avvio ai lavori. Ma è bluff
di Jolanda Bufalinitutti
Un’unica grande via trans/europea che da Berlino arriva a Palermo, scavando il Brennero e gettando l’avveniristico ponte con tremilatrecento metri di luce sullo Stretto. Sogno ingegneristico ed economico per unire la Sicilia al continente ma, come dice uno spot sul gioco responsabile, «bisogna sognare senza illudersi». Altrimenti il risveglio potrebbe essere brusco e la scommessa foriera di cattive sorprese: «Attenti a non unire due cosche anziché due coste», mette in guardia la rete «No ponte». A scendere dal mondo dei sogni con i piedi per terra dovrebbero aiutarci gli studi preliminari (1986 e 2003) che proiettavano le loro ipotesi al 2012.

«Ma ormai ci siamo» osserva Gaetano Giunta, che è stato presidente della commissione sul Ponte del consiglio comunale di Messina. «Oggi quelle previsioni le possiamo confrontare con ciò che è successo». Le previsioni sulle magnifiche sorti e progressive dell’economia siciliana stimavano 8 milioni di passeggeri sullo Stretto nel 2000, 9 milioni 700mila nel 2012 (un aumento del 20 per cento su base annua nel caso di una crescita economica bassa) oppure 12 milioni 300mila in caso di crescita economica alta (un aumento 52%).

Queste stime si sono rivelate sbagliate per più motivi. Purtroppo la crescita economica non è stata quella prospettata: gli estensori dello Studio di impatto ambientale ipotizzavano che il Pil sarebbe cresciuto del 4,4% nell’ipotesi migliore e dell’1,7%, nell’ipotesi peggiore. «E ci marciavano - sostiene Gaetano Giunta - perché il traffico passeggeri non cresce di pari passo con il Pil». Come sono andate effettivamente le cose? Nel periodo 2001-2007 l’economia siciliana è cresciuta dello 0.9 % e quella calabrese dell’1%, l’anno migliore è stato il 2001 (2,8%), dal 2002 in poi lo sviluppo è stato sempre inferiore a quello del Centro nord.

Merci via mare Ma, in tutti questi anni, che le cose andassero bene o male, il traffico marittimo delle merci sullo Stretto è sempre diminuito mentre è cresciuto l’export via mare da Palermo, Trapani, Catania, Messina e, ovviamente, da Gioia Tauro. È per mare che le merci arrivano da e per il Nord e, si presume, tanto più si svilupperanno negli anni in cui il gigantesco cantiere metterà sottosopra Scilla e Cariddi. Chi è che fa la spola nei traghetti dello Stretto? Oltre ai pendolari fra Messina e Reggio (poco trans/europei) ci sono i “padroncini”. I possessori di un furgone o camioncino che portano la merce da paese a paese: un traffico residuale che difficilmente giustifica la Grande Opera in Project Financing. Chi mette i soldi dovrebbe poter rientrare attraverso i pedaggi, ma se il traffico non giustifica l’opera, allora molto difficilmente si troveranno forze imprenditorialmente sane disposte a rischiare i 3.300 milioni di euro richiesti.

Tutto questo alimenta due tipi di preoccupazione. La prima: il Ponte potrebbe rivelarsi una grande occasione di riciclaggio per le mafie delle due sponde sinergicamente interessate al controllo del territorio, alla copertura del traffico di droga , alla gestione dei posti di lavoro. E ci sono attività come il movimento terre, gli espropri, il ciclo del cemento e i servizi ai cantieri che sono particolarmente a rischio perché settori tradizionalmente infiltrati da organizzazioni. La seconda: i costi sono ora ripartiti al 40% per lo Stato e al 60% per i privati. Ma se il Ponte fallisse chi si assumerebbe il passivo? Alla fine l’intero costo potrebbe finire a carico del debito pubblico e dei contribuenti.

21 dicembre 2009

9.12.09

Continua a calare la Borsa
di Atene e l'euro si indebolisce

ATENE
Il declassamento del debito sovrano della Grecia e la ristrutturazione dei 26 miliardi di dollari di debiti di Dubai World creano allarme sui mercati. I timori per Grecia e Dubai frenano le Borse europee e fanno calare i listini asiatici, con Tokyo che perde l’1,3%. Anche l’euro ne risente e scende sotto quota 1,48 dollari, toccando in mattinata un minimo di 1,4670 dollari. In Grecia il ministro delle Finanze, George Papaconstantinou assicura che non c’è nessun rischio di default. «Ci stiamo muovendo nella giusta direzione per rassicurare i mercati e i cittadini» dice il ministro, in un’intervista alla tv Bloomberg, dopo che ieri Fitch ha declassato a 'BBB+' il debito sovrano della Grecia, portando l’outlook a negativo e oggi la stessa Fitch ha messo tutta la finanza strutturata della Grecia sotto osservazione con implicazioni negative.

Papaconstantinou comunque getta acqua sul fuoco e nel suo intervento ricorda che il paese, pur contando sull’ombrello dell’Ue, punta sulle proprie forze per superare la crisi. «La Grecia conta sulle proprie forze - dice il ministro - Non aspettiamo l’arrivo di un salvatore». «Posso assicurarvi - aggiunge - che il governo farà tutto quello che è necessario per recuperare la credibilità persa». «Per il momento - dice ancora il ministro - stiamo chiedendo soldi in prestito a un prezzo più alto, ma non c’è carenza di liquidità sui mercati». Intanto crescono i timori per la crisi di Dubai. La paura è che i debiti a rischio siano quasi il doppio dei 26 miliardi di dollari che Dubai World intende ristrutturare. Si parla di quasi 47 miliardi di dollari, una cifra che coinvolgerebbe anche ad altre società finora rimaste ai margini della temuta insolvenza. Finora i debiti da ristrutturare sono ufficialmente 26 miliardi di dollari e riguardano soprattutto il colosso immobiliare Nekheel, le cui passività nel primo semestre sono cresciute del 7,2% a 20 miliardi di dollari e le cui perdite semestrali ammontano a 3,65 miliardi di dollari. Tuttavia ci sono almeno altre 5 società che potrebbero annunciare a breve la propria impossibilità ad onorare le scadenze sui debiti. Si tratta di Istithmar, Draydocks, Dubai Financial, Dubai Holding Investment e Dubai International Capital.

In questo caso i debiti a rischio salirebbero a quasi 35 miliardi di dollari. Intanto la Istithmar World, il colosso che detiene le partecipazioni internazionali di Dubai World, ha perso W Hotel, la sua catena di alberghi a Manhattan, che è stata venduta per soli 2 milioni di dollari a un’asta di pignoramento. Istithmar fa sapere che questa operazione non rientra nella ristrutturazione del debito di Dubai World ma la perdita è ugualmente pesante. La catena di hotel era stata acquistata per 282 milioni di dollari nel 2006 e all’asta è stata comprata per appena 2 milioni di dollari da LEM Mezzanine, un fondo di private equity legato alla società immobiliare Lubert-Adler Partners.

Intanto il Financial Times fa sapere che un’emissione di bond della Dubai Electrity and Water Authority (Dewa) da 2 miliardi di dollari, con scadenza nel 2036, potrebbe essere riscattata in anticipo il prossimo 14 dicembre, quando scade anche il bond islamico da 4 miliardi di dollari di Dubai World. Dewa smentisce la notizia, anche se l’impressione è che i debiti a rischio di Dubai tendano ad allargarsi a macchia d’olio. Ieri l’agenzia internazionale Moody’s ha declassato il rating di sei società di Dubai World, portando a livello junk e cioè ’spazzaturà il rating di Dp World, uno dei gioielli di Dubai, la società che controlla 49 grandi porti in tutto il mondo e che non rientra ufficialmente nella ristrutturazione. Se anche Dp World dovesse risultare a rischio di default, il debito da ristrutturare di Dubai salirebbe a 46,7 miliardi di dollari, quasi il doppio del debito di cui finora si è annunciata la ristrutturazione.