1.10.09

Super Mario e la sfida di Francoforte


MASSIMO GIANNINI

Mario Draghi candidato dal Wall Street Journal alla guida della Banca centrale europea è un grande riconoscimento politico per l’Italia. E soprattutto un importante risarcimento morale per la Banca d’Italia. Dopo gli Anni di Fango, quando i furbetti del quartierino entravano a Palazzo Koch dagli ingressi secondari per non farsi vedere, Via Nazionale torna finalmente agli onori del mondo. Se lo merita l’istituzione, per quello che ha sempre rappresentato nella travagliata storia repubblicana. E se lo merita anche l’attuale governatore, per come ha saputo ridarle lustro, e riprofilarla all’insegna degli unici valori che contano per una banca centrale: l’autorevolezza, la responsabilità, l’indipendenza.
Auguriamo a «Super Mario» di vincere la sfida di Francoforte. Lo standing internazionale non gli manca: è riconosciuto da tutti, fin dai primi anni ‘90, quando Business Week lo definiva (già allora) «l’uomo più potente d’Italia». I tempi coincidono: il mandato di Trichet alla Bce scade a fine 2011, quello di Draghi in Banca d’Italia nel gennaio 2012. Chi ha filo da tessere, tesserà. Il governo italiano, di qui alla scadenza, saprà lavorare per una soluzione così prestigiosa per la nazione? Una volta tanto, crediamo di sì. Per una ragione molto semplice, anche se assai provinciale. Draghi alla Bce, per parecchi politicanti di casa nostra, sarebbe un magnifico promoveatur ut amoveatur. In questa stagione di sedicenti «complotti giudoplutomassonici» e di farneticanti «congiure dei Poteri Forti» (evocate dai Berlusconi, i Tremonti e i Brunetta) il centrodestra guarda al governatore come a una pericolosa «minaccia».
È lui, suo malgrado, l’eterno candidato a guidare da premier un ipotetico «governo tecnicoistituzionale», o a gestire un superministero dell’Economia in un ipotetico «governo di salute pubblica». Per questo, nella logica assurda ed asfittica del Palazzo, è molto meglio un Draghi a Francoforte che un Draghi a Roma. Così, l’interesse becero della politica coincide con l’interesse superiore del Paese. È magra, ma almeno stavolta è una consolazione.
m.giannini@repubblica.it

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