16.6.09

La protesta è sulla rete

Iran, la protesta è sulla rete
di Tiziano Toniutti

La cronaca dei fatti di Teheran dopo la rielezione di Ahmadinejad passa solo attraverso internet. Ecco come seguire gli avvenimenti in Iran sui siti e gli spazi sociali, tra blog, foto e video
"Per favore non chiudete Twitter. E' l'unico modo che abbiamo per comunicare". Lo chiede Mousavi in persona, lo sfidante di Ahmadinejad nelle ultime elezioni in Iran, sul popolare sito di microblogging. Twitter aveva infatti in programma una manutenzione dei propri server, che avrebbe privato gli utenti del servizio per alcune ore.Quello di Mousavi è un appello che va oltre la semplice segnalazione d'emergenza: la rete diventa non uno ma l'unico modo con cui l'opposizione al governo in Iran riesce a organizzarsi in un momento di attenzione elevatissima e di spiegamento di forze imponente anche in ambito telematico, per impedire il coordinamento sul territorio della parte politica sconfitta.E come risponde Twitter? Quasi d'istinto: posticipando la manutenzione prevista, e non con una motivazione tecnica, ma proprio per garantire copertura ai fatti di Teheran. Un momento di indubbia importanza per le strutture digitali della democrazia. Non è solo Twitter a raccontare le proteste di Teheran. Sui principali network sociali le informazioni arrivano, soprattutto sotto forma di blog e foto dalle manifestazioni. Non c'è filtro e le immagini possono essere scioccanti, ma resocontano esattamente quello che sta avvenendo in queste ore in Iran. Su Mahalo, un aggregatore multimediale, si trova una cospicua selezione dei contenuti video, fotografici e testuali inviati dai blogger iraniani perché gli occhi del mondo possano vedere. E mai come in questo momento, queste persone rischiano in proprio come i giornalisti in zona di gueerra. E non solo la chiusura di un account o la censura del governo.Su BoingBoing lo scrittore Corey Doctorow individua alcuni fondamentali della Cyber-guerra che i blogger di Teheran stanno combattendo in questo momento. Tra questi, modificare la propria provenienza geografica e la timezone, impostando Teheran e relativo fuso orario, per confondere i "cacciatori" governativi di blogger e twitterer. L'altra avvertenza naturale è di non postare su twitter i server proxy per accedere alla rete in forma anonima, per evitare che vengano chiusi. Il "feed" su Twitter è numericamente impressionante. Decine di post al secondo compaiono sui canali "ufficiali" delle proteste in Iran: #iranelection e #gr88. Anche su Facebook le iniziative non mancano e rimbalzano dal sito Where is my vote, creato dai cittadini iraniani per denunciare la possibilità di brogli elettorali.Ogni articolo e ogni post è comunque superato dal tempo reale in cui il web racconta ciò che gli altri media tacciono o sono costretti ad ignorare. Uno spazio di democrazia che nonostante gli ottimi risultati raggiunti in Cina, le autorità e le istituzioni non riescono e probabilmente, non riusciranno mai davvero a rendere inaccessibile.
(Giugno 16, 2009)

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